Luciano Lattanzi nasce a Carrara nel 1925 dove muore il 7 Agosto del 2010. Nel 1947 si laurea in lingua e letteratura inglese all’Istituto Orientale di Napoli.
Nel 1957 pubblica a Londra il manifesto della pittura semantica ed espone presso la New Vision Gallery, tanto da considerarsi il teorico e l’ideatore della pittura semantica che si distingue dall’espressionismo astratto di Pollock ed altri in quanto indaga il segno pittorico instintivo e meccanico che prescinde da ogni condizionamento.
Nel 1959 si reca in USA, per una mostra personale e conosce la Dott.ssa Rhoda Kellogg (Analisi dell’arte infantile) che studia da anni i disegni infantili, che conferma in Lattanzi la certezza di un alfabeto gestuale innato, infatti i disegni di base di ogni bambino dai 2 ai 4 anni, quindi non ancora condizionati da nessuna forma di cultura o sistema, sono gli stessi in ogni parte del mondo.
Nel 1964 è invitato alla XXXII Biennale di Venezia.
Dal 1965 la sua pittura si evolve verso una pittura ornamentale in linea con la “Neue Ornamentik” del tedesco Klaus Hoffman, cercando una bellezza del segno fine a se stessa e un puro piacere percettivo nell’osservazione.
Nel 1957 pubblica a Londra il manifesto della pittura semantica ed espone presso la New Vision Gallery, tanto da considerarsi il teorico e l’ideatore della pittura semantica che si distingue dall’espressionismo astratto di Pollock ed altri in quanto indaga il segno pittorico instintivo e meccanico che prescinde da ogni condizionamento.
Nel 1959 si reca in USA, per una mostra personale e conosce la Dott.ssa Rhoda Kellogg (Analisi dell’arte infantile) che studia da anni i disegni infantili, che conferma in Lattanzi la certezza di un alfabeto gestuale innato, infatti i disegni di base di ogni bambino dai 2 ai 4 anni, quindi non ancora condizionati da nessuna forma di cultura o sistema, sono gli stessi in ogni parte del mondo.
Nel 1964 è invitato alla XXXII Biennale di Venezia.
Dal 1965 la sua pittura si evolve verso una pittura ornamentale in linea con la “Neue Ornamentik” del tedesco Klaus Hoffman, cercando una bellezza del segno fine a se stessa e un puro piacere percettivo nell’osservazione.